 L'attuale chiesa del SS. Salvatore è stata costruita nel 1580 su disegno di Giacomo della Porta, in sostituzione della precedente, anch'essa con lo stesso titolo, troppo piccola ed in rovina (del tempio originario è visibile una colonna in pietra salendo dalla sottostante via della Chiesa). La chiesa conserva un tabernacolo in legno dorato, copia di quello marmoreo della cappella del SS. Sacramento di S. Pietro in Roma, una tela, "La Trasfigurazione", attribuita al Domenichino, due stazioni della Via Crucis del seicento, di autore ignoto, una lunetta riproducente il miracolo di S. Filippo Neri a Paolo Massimo, eseguito da Marco Benefial nel 1745, una copia della Sacra Sindone, eseguita nel 1635, una "Macchina" processionale con quadro settecentesco di N.S. di Guadalupe, pulpito, confessionali ed organo del seicento.
La storia
 La chiesa del SS. Salvatoreè una delle cose più belle ed interessanti di cui Arsoli va orgogliosa. Essa fu realizzata sul finire del secolo XVI su disegno di Giacomo Della Porta, a cura di Fabrizio Massimo, il patrizio romano che aveva acquistato il feudo di Arsoli il 30 ottobre 1574, su consiglio di San Filippo Neri, l'apostolo di Roma.
Due interessanti documenti esistenti presso l'archivio della Curia vescovile di Tivoli forniscono importanti informazioni sia sull'antica chiesa del SS. Salvatore che su quella attuale. Il primo, la relazione della visita pastorale effettuata in Arsoli da mons. Croce, Vescovo di Tivoli il 18 settembre 1566, riferisce che la chiesa del SS. Salvatore era talmente angusta ed in cattivo stato che il presule, sentiti anche i fedeli ed il signore di Arsoli Flaminio Zambeccari, decise di trasferire il titolo e le funzioni parrocchiali nella chiesa di San Lorenzo, allora fuori dalle mura del paese, perchè più grande e funzionale. La decisione vescovile, però, non ebbe più seguito, perchè Arsoli fu acquistata,  successivamente dai Massimo la cui prima preoccupazione fu la sistemazione delle chiese. Il secondo è il resoconto della visita apostolica di lunedì 10 aprile 1581 effettuata da Mons. Annibale Grassi, Vescovo di Faenza, a mezzo del delegato don Egidio Gallo canonico tiburtino. Al momento della visita la vecchia chiesa del SS. Salvatore era stata demolita mentre la nuova era già in costruzione; esistevano, infatti le mura perimetrali con le sei cappelle, mancavano soltanto la copertura ed il pavimento. La chiesa ed il convento di San Bartolomeo erano stati già sistemati mentre alla chiesa di San Lorenzo mancava solo una parte del pavimento. Quanto detto sopra induce ad affermare che Fabrizio Massimo aveva posto mano ai lavori subito dopo la presa di possesso di Arsoli. Il documento è interessante anche perché fa conoscere la situazione spirituale di Arsoli, la frequenza ai sacramenti, alcune consuetudini e l'esistenza delle Confraternite del Crocifisso e del S. Rosario e di un bel gruppo di uomini che, non essendo ancora costituita la Confraternita del SS. Sacramento, accompagnavano il Santissimo quando era portato come Viatico agli infermi e nella processione che si effettuava la terza domenica di ogni mese.
Il Visitatore, inoltre, suggeriva tutta una serie di adempimenti da tener presenti nella nuova chiesa: un Fonte battesimale decoroso, una cappella del Santo Rosario da erigere e curare dalla omonima Confraternita, la sistemazione in armadi a muro delle Reliquie, due confessionali e due inginocchiatoi, tombe in muratura sotto il pavimento della chiesa al fine di evitare che si continuasse a seppellire i morti nella terra sotto il pavimento delle chiese. Ancora oggi si può constatare che gran parte delle prescrizioni furono recepite nella chiesa del SS. Salvatore. L'opera di Fabrizio Massimo fu ricordata, successivamente, dal figlio Pietro che, nella lapide posta tra le cappelle di N.S. di Guadalupe e S. Pietro, tenne a ricordare anche lo "ius patronati" e di designazione dei rettori della chiesa, con la seguente scritta
AEDEM HANC A FABRITIO DE MAXIMIS EXTRUCTAM FUISSE AC SEMPER HAEREDUMEIUS FORE IUS PRAESENTANDI DECOREM EIUSDEM CONSTAT EX EPIS COPI SENTENTIA LATA XVII OCTOBRIS MDCXXXIII CUIUS REI HQC LOCO PETRUS DE MAXIMIS FABRITIII FILIUM ET HAERES MONUMENTUM POSUIT ANNO MDCXXXV
La chiesa è ad una sola navata con cappelle laterali, tre per lato, e termina con la zona del presbiterio, assai maestosa. Essa, infatti, è resa assai luminosa da un tamburo con numerose finestre sorretto da quattro archi; su di esso poggia una bella cupola sormontata da una graziosa lanterna con più finestre. La cupola all'esterno, è rivestita da un tiburio in mattoncini.
Il tempio, nonostante le numerose preziosità che contiene, è semplice e austero. Esso è stato visitato, nei secoli, oltre che dai Vescovi diocesani, da numerosi Arcivescovi e Cardinali italiani e stranieri tra i quali Mons. Miranda Primate del Messico ed il Cardinale Traglia, Vicario del Papa.
La chiesa del SS. Salvatore ha avuto anche il privilegio della presenza di un Pontefice, Gregorio XVI che il due maggio 1834 vi impartì la benedizione eucaristica dopo aver impartito quella apostolica dal balcone del giardino pensile del Castello Massimo.
Il "percorso del visitatore" inizia entrando dalla porta laterale destra.
Cappella di San Pietro
Altare in marmo policromo; su di esso una tela raffigurante San Pietro con attributi, sullo sfondo una nicchia marmorea. Sulla parete destra un quadro, olio su tela, raffigurante San Biagio che impartisce l'unzione alla gola . Sulla parete sinistra Sant'Attanasio vescovo, dipinto su tavola . Nella lunetta un dipinto con l'Assunzione della Madonna: la Vergine è al centro sorretta da angeli; nella cappella dedicata a San Pietro è custodito un crocifisso ligneo.
Cappella di Nostra Signora di Guadalupe
Dedicata alla Madonna di Guadalupe, patrona di Arsoli, la cappella fu realizzata nel 1931 con le offerte della popolazione. Al centro la monumentale macchina processionale, completamente dorata, contenente l'immagine della Madonna recata in Arsoli nel 1790, opera di due artisti romani, Ovidi e Ceselin, che la realizzarono nel 1856. Sulle pareti, in alto nelle lunette ,due tele del pittore Ciotti riproducenti rispettivamente a destra l'apparizione di Maria a Giandiego e a sinistra il miracolo del mantello.
Pulpito
Pulpito ligneo secentesco a cinque facce, su quella centrale stemma scolpito della famiglia Massimo. E' sormontato da una grande mensola avente le stesse dimensioni del pulpito vero e proprio; ad essa è applicata una scultura lignea raffigurante i raggi e la colomba dello Spirito Santo (lo stesso motivo, di dimensioni ridotte, ritorna nella parte inferiore delle mensole poste sopra i due dipinti ai lati dell'altare maggiore).
Cappella di San'Antonio Abate
La cappella contiene la macchina processionale eseguita nel 1913 con la statua di S. Antonio Abate; la stessa macchina è inserita in un altare ligneo con lesene scanalate e dentelli sulla trabeazione. In alto, nella lunetta ,protetta da un vetro c'è una copia della S. Sindone: del 1635, è una delle poche esistenti in Italia. Alle pareti laterali rispettivamente a destra una stampa riproducente S. Lucia inserita in una cornice dorata, a sinistra un dipinto con S. Antonio Abate.
Presbiterio – lato destro: "La caduta sotto la Croce" Dipinto ad olio su tela
E' rappresentata una scena della Via Crucis, la Caduta di Cristo sotto la Croce. In primo piano Cristo, la Madonna e alcuni soldati di cui uno a cavallo recante le insegne romane. Nello sfondo un particolare interessante: subito sotto il braccio del soldato che tiene l'insegna cui si è accennato sopra, si intravvedono due figurine nude, Adamo ed Eva, alludenti al Peccato Originale ed alla successiva cacciata dal Paradiso Terrestre; un chiaro riferimento al fatto che il Cristo, con la sua Passione, il Sacrificio e la Resurrezione ha lavato il peccato originale.
Altare Maggiore
Imponente, costitutito nella parte superiore da un apparato ligneo che riproduce la parte anteriore di un tempio: due grandi colonne scanalate che sostengono una trabeazione decorata con ovuli e dentelli al di sopra della quale è un timpano spezzato; nel timpano è inserita una piccola tela raffigurante la colomba dello Spirito Santo, bianca su fondo dorato. Al centro della struttura, tra le colonne, una grande tela riproducente la "Trasfigurazione" attribuita al Domenichino, al centro Gesù in veste bianca ampiamente panneggiata con ai lati, in alto, Mosè con le tavole delle Legge ed il Profeta Elia; sullo sfondo il cielo dorato. In basso, nella parte "terrena" della scena, gli Apostoli che assistono all'evento miracoloso, uno dei quali completamente immerso nel cono d'ombra prodotto dal corpo di Gesù. Nella tela, in discrete condizioni di conservazione, è presente una gamma coloristica molto ampia che varia dai rossi agli azzurri, dai rosacei ai bianchi.
L'altare in legno per la celebrazione della Santa Messa, secondo la nuova liturgia, è stato donato dalla popolazione nel 1974.
L’altare vero e proprio, in marmi policromi, presenta in basso, al centro, un'apertura protetta da una grata dorata che contiene un'urna funeraria nella quale si conservano le reliquie di Santa Incoronata. L'urna è realizzata in marmo policromo intarsiato . Sopra l'altare un tabernacolo di legno dorato , copia di quello che si trova nella Cappella del SS. Sacramento in San Pietro a Roma. Numerosi candelabri dorati, tutti uguali e recanti lo stemma della famiglia Massimo, completano l'arredo dell'altare. Sulle pareti, ai lati dell'altare, due armadi a muro contengono reliquiari.
Presbiterio – lato sinistro "La flagellazione"
Questo grande dipinto, olio su tela, che fa da pendant alla "Caduta sotto la Croce" il Cristo è in primo piano, con il busto in torsione verso sinistra; i suoi polsi sono legati con una fune ad una colonnina. A destra, in primo piano, uno dei flagellatori con il braccio destro sollevato nell'atto di infliggere una frustata. Al centro, dietro la colonnina s' intravvede il busto di un bambino. Entrambi i personaggi principali sono coperti da un perizoma. A sinistra, dietro il Cristo vi è un soldato del quale si vedono parte degli arti inferiori e della lancia. Entrambi i quadri del presbiterio sono sovrastati da una mensola lignea, in originale bordata da mantovana; al centro della mensola, visibile dal basso, la colomba dello Spirito Santo, in metallo dorato circondata da una raggera.
Cappella di San Filippo Neri
Altare in marmo policromo; sopra l'altare una tela con l'immagine di San Filippo Neri in Gloria al centro il santo in veste sacerdotale rossa; alla sua sinistra un altare sul quale è disposto un cuscino rosso che sostiene un libro sacro. In alto angeli sulle nuvole. Nella lunetta una tela che ne occupa tutto il sesto: "Il miracolo operato da San Filippo Neri nel risuscitare Paolo Massimo"; dipinto da Marco Benefial nel 1745 su modello dell'omonimo dipinto del Pomarancio della Chiesa Nuova a Roma. Al centro della lunetta il letto sul quale è seduto il resuscitato attorniato da personaggi: la madre, San Filippo, i medici, i servitori; l'angolo sinistro del dipinto si apre alla visione di un fondo piuttosto lontano con un architettura classicheggiante e due personaggi che parlano fra loro: probabile allusione alla richiesta di intercessione avanzata a San Filippo da parte del Principe Fabrizio Massimo.
Sulle pareti laterali due stampe rappresentanti rispettivamente "San Giuseppe con il Bambino" e "Sant'Anna con la Madonna bambina", entrambi i quadri possiedono cornici di legno intagliato dorato.
Cappella del Sacro Cuore
Dedicata al Sacro Cuore, la cappella fu realizzata nel 1945 su disegno di Valeria Passeri dallo scultore Belloni. L'altare in marmo policromo, sormontato da una struttura in marmo bianco con colonne e frontone spezzato imitante l'altare maggiore, fu realizzato pure dallo scultore Belloni. Al centro, tra le colonne, un dipinto ovale con l'immagine del Sacro Cuore; la sua cornice dorata è arricchita da un'ampia raggera. Sulle pareti laterali rispettivamente a destra un grande Crocifisso ligneo , a sinistra un quadro con la SS.ma Trinità , opera del pittore Alessandro Morani datata 1928. E' un olio su tavola raffigurante Cristo, Dio e lo Spirito Santo sotto forma di colomba. Alle loro spalle una grande aureola formata da lingue dorate che senbrano applicate sulla superficie del dipinto; in alto il fondo blu è coperto di stelle dorate.
Cappella della Madonna del Rosario
Altare in marmo policromo. Su di esso una grande tela con "La Madonna del Rosario" . In primo piano la Madonna con Bambino, il capo adornato da una corona (metallica arricchita da pietre dure, di cui molte mancanti), la fronte incorniciata da rose, altre rose sono poi nella mano sinistra. In alto due angeli, per i loro caratteri "terreni" quasi dei putti, che hanno tra le mani le funi con le quali sostengono una collana di grandi medaglioni che circondano la Madonna. I medaglioni sono quindici e riproducono gli episodi della vita della Vergine ricordati nel Rosario: l'Annunciazione, la visita a S. Elisabetta, la nascita di Gesù, la presentazione di Gesù al tempio, episodi della passione, la sepoltura di Cristo, l'Ascenzione al cielo, ecc.
In alto nella lunetta un piccolo dipinto ovale con l'immagine della Madonna Addolorata con veste rossa, manto azzurro con bordo dorato. La cornice lignea dorata, intagliata, circondata da raggi, è sormontata da due angeli che sorreggono una corona. Tutta la composizione è sostenuta da una mensola dorata. Ai lati del dipinto principale rispettivamente a sinistra un piccolo quadro con San Sebastiano martire opera di Suor Giustina, al secolo Rosa Graziani, a destra la statua di Sant'Antonio da Padova.
Di rilievo nella chiesa i numerosi candelabri dorati, di forma sobria ed elegante recanti lo stemma dei Massimo ; un grande inginocchiatoio di legno, gemello di un altro rubato in tempi recenti; un fonte battesimale di antica foggia; un imponente organo ligneo del seicento che sovrasta l'ingresso del tempio; la porta interna centrale, arricchita da altorilievi e sormontata da un timpano spezzato; due confessionali di legno, i ricchi armadi della sagrestia.
Piazzetta SS. Salvatore
Siamo giunti alla piazzetta cui si accede attraverso un arco verso il quale convergono, radialmente, tutte le viuzze dell’antico borgo medievale.
Il lato sud della piazzetta è delimitato dalla facciata della canonica e da un tratto di muro con merlatura guelfa, al pari di quella dell’arco di ingresso.
Su un altro lato la casa una volta occupata dal sacrista. Sulla facciata della vecchia canonica, vi sono una lapide data 1660 ricorda la terribile peste del 1656 cui già si è accennato, e un cippo funerario.
Guardandosi intorno sembra proprio di stare in un luogo di altri tempi, tutto parla del passato anche perché la mano dell’uomo ha conservato tutto come in origine. |